Alla soglia dei 40 anni, eccoci arrivati alla biografia, tasto tuttora dolente! Per un sognatore disordinato come lui, pieno di idee, di progetti, di interessi e passioni talvolta fugaci, abituato a trasporre in immagini – non in parole – il mondo ed il suo punto di vista.
E quindi? La scrivo io!
Mi presento: sono alice, eterna fidanzatina, approdata al fianco di diego nel 2003 durante una vacanza di volontariato alla quale tuttora partecipiamo, compagna di tante avventure, viaggi, traslochi, serate entusiasmanti e malanni stagionali, moglie dal 2016 e cofounder del progetto “camilla e margherita”, le nostre bimbe.
Ho conosciuto diego nel 2001, un ragazzo alto, sorridente, amico di tutti e con un grande, grandissimo interesse: la fotografia. Figlio di un affermato pittore (filippo alto) ed incuriosito dal fratello maggiore, fotografo a sua volta, diego fotografava tutto, tutti, sempre, e coglieva in ogni situazione la bellezza e la profondità di quel momento, fosse esso un panorama, una via, un abbraccio. Era un tipo di fotografia che io spesso avevo difficoltà a capire, perché oltre al soggetto cominciava la ricerca su luci, ombre, sfumature e composizioni.
La sua fidata canon era sempre con noi, a casa, in viaggio: erano gli anni della crescita, della sperimentazione anche con banco ottico (primo acquisto importante che per lui ha segnato il passaggio da fotografia amatoriale a professionale), gli ultimi anni del “praticantato” in istituto italiano di fotografia nonché i primi da assistente di diversi fotografi di moda, tra gli altri davide ippolito e roberto cecato, che lo buttavano in aereo, spesso senza molto preavviso, per rincorrere il sole ed il caldo in pieno gennaio e preparare i cataloghi di intimo e beachwear.
Ricordo come se fosse ieri le chiamate col fuso orario, i racconti delle settimane a capoverde e miami, e le polaroid di prova dei vari set, con lui come soggetto con quello strano gilet da pescatore da cui spuntavano rullini e nastro isolan...
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Alla soglia dei 40 anni, eccoci arrivati alla biografia, tasto tuttora dolente! Per un sognatore disordinato come lui, pieno di idee, di progetti, di interessi e passioni talvolta fugaci, abituato a trasporre in immagini – non in parole – il mondo ed il suo punto di vista.
E quindi? La scrivo io!
Mi presento: sono alice, eterna fidanzatina, approdata al fianco di diego nel 2003 durante una vacanza di volontariato alla quale tuttora partecipiamo, compagna di tante avventure, viaggi, traslochi, serate entusiasmanti e malanni stagionali, moglie dal 2016 e cofounder del progetto “camilla e margherita”, le nostre bimbe.
Ho conosciuto diego nel 2001, un ragazzo alto, sorridente, amico di tutti e con un grande, grandissimo interesse: la fotografia. Figlio di un affermato pittore (filippo alto) ed incuriosito dal fratello maggiore, fotografo a sua volta, diego fotografava tutto, tutti, sempre, e coglieva in ogni situazione la bellezza e la profondità di quel momento, fosse esso un panorama, una via, un abbraccio. Era un tipo di fotografia che io spesso avevo difficoltà a capire, perché oltre al soggetto cominciava la ricerca su luci, ombre, sfumature e composizioni.
La sua fidata canon era sempre con noi, a casa, in viaggio: erano gli anni della crescita, della sperimentazione anche con banco ottico (primo acquisto importante che per lui ha segnato il passaggio da fotografia amatoriale a professionale), gli ultimi anni del “praticantato” in istituto italiano di fotografia nonché i primi da assistente di diversi fotografi di moda, tra gli altri davide ippolito e roberto cecato, che lo buttavano in aereo, spesso senza molto preavviso, per rincorrere il sole ed il caldo in pieno gennaio e preparare i cataloghi di intimo e beachwear.
Ricordo come se fosse ieri le chiamate col fuso orario, i racconti delle settimane a capoverde e miami, e le polaroid di prova dei vari set, con lui come soggetto con quello strano gilet da pescatore da cui spuntavano rullini e nastro isolante.
L’avvento del digitale per diego segna anche un secondo contemporaneo cambio di rotta, ossia la scelta di cambiare settore e ripartire da zero per entrare nel mondo dell’arredamento. Ricomincia da una gavetta tuttofare presso spazio65 – benefit: un lauto pranzo tutti i giorni e un tubetto di voltaren alla settimana – luogo di grande formazione per diego, che coordina e costruisce i set di fotografi del calibro di adriano brusaferri, federico cedrone, ruy teixeira, tommaso sartori ed approccia realtà aziendali ed editoriali complesse. Contemporaneamente, affianca studio chimenti in spedizioni brianzole per scattare cataloghi di arredamento, uno tra tutti lema, e ruy teixeira, che lo porta in tutt’italia per le campagne stampa natuzzi e al quale diego è tuttora molto legato.
Un passaggio fondamentale avviene nel 2007 quando, arrivato in veneto per un’assistenza ad un fotografo mai visto prima, ha la fortuna di imbattersi in tom vack, alle prese con il nuovo catalogo magis: è li che si avvicina ad una forma più pura di design, non aziendale ma quasi culturale, dove la creatività fa da padrona. Tom, oltre ad essere tra i migliori nel suo settore, è un fotografo molto comunicativo e prende diego sotto la sua ala protettrice, mettendolo a parte di tecniche e finezze del mestiere ed avviandolo ai primi scatti in autonomia.
Da li in poi, diego si inserisce gradualmente nel mondo professionale del design milanese, e a me tocca rincorrerlo tra un appuntamento e l’altro, per no...
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