moschea in mumbai
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Mumbai. L’intenso quartiere di shivaji nagar è il contesto del primo progetto sviluppato da marc hood, una collaborazione tra marc e lo studio ‘hood di matias echanove e rahul srivastava (fondatori di urbz – user-generated cities) incentrata sulle possibilità dell’architettura nei quartier... Leggi di più
Mumbai. L’intenso quartiere di shivaji nagar è il contesto del primo progetto sviluppato da marc hood, una collaborazione tra marc e lo studio ‘hood di matias echanove e rahul srivastava (fondatori di urbz – user-generated cities) incentrata sulle possibilità dell’architettura nei quartieri informali della città indiana.
La proposta di marc hood per la nuova moschea jamat ahle sunat e la madrasa faizan-e-raza è uno strumento per negoziare la forma dell’edificio attraverso processi decisionali complessi e insondabili. In questa condizione il progetto individua alcuni (pochi) obiettivi precisi, accettando serenamente l’imprevedibilità del risultato finale.
Ecco i punti (quasi) fermi:
- l’edificio deve funzionare ed essere significativo a diverse scale:
Alla scala urbana è riconoscibile nel tessuto denso, visibile da lontano con la sua cupola riflettente e i minareti. Al livello della strada la sua massa astratta di marmo bianco forato si staglia sulla frenetica attività della strada, sopra i negozi al piano terra. A una scala ancora minore le due porte d’ingresso ricavate fra le piccole attività commerciali invitano i fedeli all’interno.
- le facciate sono un’interpretazione della tipica “doppia pelle” locale:
All’esterno un jali (il tamponamento traforato della tradizione) in marmo locale, all’interno una normale parete in muratura. Questo sistema, favorendo un’efficace protezione dalla luce solare diretta, permette anche una grande libertà nella configurazione e nella costruzione delle facciate, il cui disegno sarà progettato e realizzato in collaborazione con gli artigiani del quartiere.
- massimizzare lo spazio di preghiera:
Il progetto evita la convenzionale divisione a tre piani inizialmente prevista; articola invece lo spazio con una serie di solai sfalsati, organizzando i livelli in sezione in modo da accogliere l’equivalente di mezzo piano in più. In questo modo, inoltre, lo spazio di preghiera diventa unitario e la voce del sacerdote è percepibile da tutti.
- levitazione della cupola:
In alto, la cupola si solleva di poco dal resto della copertura, suggerendo un senso di elevazione e leggerezza nei fedeli e rappresentando allo stesso tempo un elemento di identificazione fra le numerose moschee della zone.
- scala di minimo ingombro:
Progettata per un minimo ingombro separa lo spazio per le abluzioni rituali (vazu khana) dalla sala di preghiera. Il sottoscala è sfruttato per i servizi igienici e per piccoli depositi.
– last but not least, la sostenibilità:
Poco più delle più ovvie tecniche del luogo. L’utilizzo della doppia pelle è accompagnato da semplici ventole meccaniche per l’estrazione dell’aria, posizionate con cura nell’edificio. I minareti presentano piccole aperture per permettere l’irraggiamento solare diretto della sommità, generando una differenza di temperatura sufficiente a innescare l’effetto camino, che contribuisce al raffrescamento dell’interno.
La nostra proposta intende “traghettare” questi obiettivi attraverso un percorso apparentemente caotico e distante, verso un edificio di cui noi stessi ignoriamo l’aspetto definitivo
Location: shivaji nagar, govandi, mumbai
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