Sapori, odori, tatto, gusto, sensazioni…. Un luogo che esaltasse la percezione dei sensi senza prevaricarla, era questa la missione architettonica dei progettisti. Il concept ha creduto nel freddo cemento, scaldato dal caldo legno e personalizzato dagli arredi carichi di memoria e, forse, fino a poco tempo fa, testimoni di intime scene familiari. Il filo di ieri e di oggi si intreccia nell’ architettura e nella cucina di questa realtà romana dal sapore mediterraneo. A rafforzare il rapporto tra innovazione e tradizione, tra ricette della nonna e ricette da chef, un ulivo, simbolo di saggezza, longevità ed essenza mediterranea, incastonato nel vetro.
Un acquario verde che imprigiona uno dei simboli reali della cultura e della cucina locale, rendendolo però libero catalizzatore di luce che si diffonde in tutto il locale. La parola chiave è armonia. Passeggiando all’interno del locale, si possono scoprire una serie infinita di dettagli, palesi (come la bicicletta bianchi) o celati (come i tubi a vista dei lavandini, proprio quelli di una volta), enormi o piccolissimi, che dialogano tra loro in un perfetto stile industriale, vintage, ma pur sempre fedele alla nostra identità mediterranea. I materiali maggiormente utilizzati sono il vetro, il ferro e il cemento, elementi che rendono l’edificio ancor più contemporaneo, un po' insolito per roma, città prevalentemente ricca di maestosi edifici antichi e classici. L’uso abbondante del legno porta calore e originalità donando all’ambiente un’interessante vena industriale e metropolitana. La capacità progettuale di mohamed keilani e luca gasperini si legge anche nel raffinato accostamento delle diverse tipologie materiche del pavimento: dal parquet color miele, alla resina industriale, ai classici colori mediterranei delle mattonelle in cemento. La continuità spaziale–visiva con l’esterno, e quindi il senso del colori e della luce, è studiata perché il verde degli ulivi, per eccellenza tinta simbolo del mediterraneo, facesse capolino tra i tavoli del ristorante. Così non resta che lasciare la parola ai progettisti: “matto, furioso e privo di buon senso è chi del pasto” (o del posto) “non gode ogni senso” [cit. Di un detto popolare].