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Alessandra Pascarella

Chiesa san giuseppe dei falegnami - Napoli (NA)

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Archisio - Alessandra Pascarella - Progetto Chiesa san giuseppe dei falegnami
Chiesa san giuseppe dei falegnami

Restauro dell'ex complesso di santa maria egiziaca a forcella - Napoli (NA)

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Archisio - Alessandra Pascarella - Progetto Restauro dellex complesso di santa maria egiziaca a forcella
L’unità edilizia speciale preottocentesca originaria, oggetto di interventi di ristrutturazione avvenuti nel corso dello scorso secolo, presenta una struttura modulare, caratterizzata da un impianto distributivo che presenta una struttura a vani ripetuti in sequenza, di dimensioni simili e connotata da prevalente pariteticità degli ambienti e da sistemi distributivi lineari quali corridoi ed uno splendido androne e loggiato a doppia altezza di epoca settecentesca raccolti intorno ad un chiostro centrale pavimentato intercluso nell'unità conventuale; originariamente questo spazio era definito da un quadri portico colonnato, di cui oggi rimane conservato integralmente solo un lato e, profondamente rimaneggiato e solo parzialmente conservato, su altri due lati. Inoltre, gli interventi degli anni trenta dell’alto commissariato della provincia di napoli, prima e, successivamente, degli anni ‘50, hanno completamente distrutto il chiostro piccolo, per far spazio all'attuale edificio del pronto soccorso e ad un cortile impostato ad una quota superiore di circa 1 m., alterando le connessioni con gli ambienti del complesso monastico preesistente. Nel corso degli stessi anni, la realizzazione di nuovi volumi destinati agli elementi di connessione verticali e orizzontali, hanno alterato irrimediabilmente l’unitarietà dell’impianto tipologico e la permeabilità, una volta consentita, dalla connessione tra i due spazi aperti interclusi. L’insieme, pur risultando estremamente articolato e composto da elementi eterogenei per epoca costruttiva e valore storico, per le quali è assai arduo rintracciare un ordine costitutivo e caratterizzanti un organismo frammentario ed eterogeneo, mutilato dell’unitarietà dell’impianto architettonico originario, conserva un forte impatto di scala sul tessuto urbano circostante, dal quale, però, dal punto di vista funzionale, ne sembra estraneo. Il complesso di santa maria egiziaca a forcella, caratterizzato dalla coabitazione di una serie di corpi di fabbrica, risultanti da processi di ristrutturazione edilizia avvenuti in epoche successive, conserva, lungo tre lati, la sua forma urbana e tipo-morfologica originaria. Lo stato dell’insieme presenta i segni di un lungo abbandono e di interventi di consolidamento reiteratisi nel tempo in maniera non organica e mai completati delle finiture. La facciata è un coacervo di varie forme di degrado. Solo brandelli di intonaco sono ancora presenti. E di essi, solo alcuni mantengono l’ultima tinteggiatura di colore giallo paglierino. Gli altri sono vistosamente solcati dalle colature delle iniezioni cementizie che hanno prodotto un colore grigio pressocchè uniforme. La fitta rete di iniezioni cementizie realizzate in una vasta area della parte centrale della facciata ha lasciato colature che solcano il tufo determinando una superficie fortemente scabra sulla quale le polveri possono più facilmente depositarsi. Ad amplificare l’irregolarità della superficie, e quindi i depositi, ha contribuito anche il rabbocco dei corsi di malta realizzato con malta cementizia. L’utilizzo del cemento si manifesta con efflorescenze saline in corrispondenza del bordo a contatto con il tufo. Pregresse attività disperdenti delle pluviali hanno prodotto vistose e localizzate macchie di colore brunastro. Più vaste sono le aree in cui il tufo è fortemente eroso, con perdite più o meno consistenti di materia, per cause che si imputano, anche in questo caso, ad un non corretto sistema di smaltimento delle acque. Sebbene la mancanza di aggetti renda tutta la facciata sottoposta a dilavamento, si evidenziano porzioni in cui tale forma di degrado è resa più evidente manifestandosi con uno sbiancamento dei conci di tufo. La rete delle pluviali è il risultato di reiterati e scorretti interventi di rifacimento con materiali eterogenei. L’aspetto di degrado più evidente è afferente agli effetti prodotti dai larghi e profondi squarci della muratura per l’incasso dei discendenti e degli innesti. In facciata si evidenziano capochiave di catene metalliche, di forme diverse, disposte in maniera casuale e di sovente cementate nella muratura. Vistosi sono gli interventi di betoncino realizzati per il consolidamento della muratura che si manifestano in forme oblunghe in corrispondenza degli archi. Il progetto architettonico è stato guidato dalla volontà di: a) conservare e ripristinare l'impianto distributivo, nonché recuperare, anche parzialmente, impianti distributivi organizzativi antecedenti all'assetto consolidato, al fine di conseguire impianti complessivamente coerenti; b) conservare e ripristinare i collegamenti verticali e orizzontali caratteristici dell'unità edilizia dell’ex complesso conventuale, quali scale, androni, atri e porticati; c) restaurare e ripristinare i fronti esterni e interni, conservando le aperture esistenti nel loro numero e nella loro forma, dimensione e posizione, in coerenza con la logica distributiva propria dell'unità edilizia; d) restaurare e ripristinare gli ambienti interni; e) conservare e ripristinare il sistema degli spazi liberi, esterni e interni, con particolare riferimento al chiostro centrale ed delle relative caratteristiche, distributive, dimensionali e formali; f) eliminare le superfetazioni ed ogni manufatto incongruo rispetto alle caratteristiche sia dell'impianto originario dell'unità edilizia che della sua crescita organica nel tempo, al fine di conservare una chiara lettura delle caratteristiche tipologiche; g) inserire ulteriori collegamenti interni verticali nei vani accessori del tutto distinti dal vano unitario prevalente, nel rispetto delle originarie quote di impalcato e senza produrre interruzioni delle volte, degli archi e di ogni altro elemento strutturale, architettonico e decorativo. Gli elementi principali intorno ai quali il progetto ha preso forma, è la lettura dell’impianto tipologico, il quale ribadisce il rapporto consueto fra edifici comunitari e tipi a corte, nonché, la conservare ed il ripristino dell'impianto distributivo. L'oggetto vero e proprio non è il tipo edilizio a corte, quanto la corte come tipo architettonico. Lo studio del tipo è avvenuto attraverso i caratteri insediativi e distributivi dell'edificio, analizzando cioè la dimensione della parcella edilizia e la sua localizzazione nel tessuto urbano, la disposizione reciproca dei corpi di fabbrica del complesso edilizio, del chiostro principale, del cortile di servizio e la disposizione di questi con la dislocazione degli elementi di distribuzione quali scale, porticato ed androne. Inoltre è stata presa in considerazione l'evoluzione lessicale e sintattica degli elementi che costituiscono il complesso architettonico, cioè il tipo di loggiato, l'articolazione delle pareti, le bucature ed il ritmo che connota le facciate.

Porta orientale del centro antico di napoli - Napoli (NA)

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Archisio - Alessandra Pascarella - Progetto Porta orientale del centro antico di napoli
L'ospedale cardinale ascalesi occupa i locali dell'antico complesso conventuale di santa maria egiziaca a forcella nel pieno centro storico di napoli. L'edificio posto in prossimità della stazione centrale è facilmente accessibile da corso umberto ed è compreso tra via santa maria egiziaca a forcella, via pietro colletta, vico grande e piazza calenda. Adiacente all'ospedale ed accessibile direttamente da corso umberto si trova l'omonima chiesa di fondazione angioina come il convento ma fortemente modificata nel seicento. L'area in cui si trova l'ospedale è a livello storico, urbano e sociale molto complessa; si tratta di una delle zone cittadine più stratificate essendo stata oggetto di numerose trasformazioni a partire già dall'epoca greco -romana. Il tessuto urbano di cui fa parte l’ex complesso conventuale di santa maria egiziaca a forcella, è tuttavia connotato da una chiara leggibilità e integrità del disegno dell'impianto urbanistico con riferimento ai tracciati, agli spazi pubblici e ai relativi affacci, seppur degradati, e ai complessi costruiti con le relative tipologie o architetture rilevanti per l'identità storica. Risulta leggibile, anche se in parte, l’articolazione dei caratteri tipomorfologici, formali e costruttivi, del tessuto edilizio e degli spazi aperti con riferimento alle tipologie ricorrenti, ai materiali e alle tecniche costruttive locali, nonché, ai rapporti tra spazi scoperti, spazi coperti e volumi edificati. Analizzando la cartografia attuale si vede come la stratificazione millenaria del contesto urbano rimasto immutato della neapolis del v sec. A.c. Permane nell’ordito viario ippodameo la cui regolarità viene contraddetta proprio dal tracciato di via santa maria dell’egiziaca a forcella. L’anomalia è stata determinata dall’articolata morfologia dei luoghi e dalla confluenza delle acque meteoriche nel pianoro dell’attuale piazza calenda, dove sorgeva l’ippodromo della colonia greca. Uno sparuto lacerto di fabbriche antiche è stato lasciato a vista, sottoposto rispetto al sedime stradale in un recinto che funge da spartitraffico nell’invaso della piazza. Proprio tale articolata morfologia, tutt’oggi presente, consente punti di vista, scene di quinta della piazza e dell’ospedale privilegiati. Privilegiati perchè posti in posizione dominante rispetto alla quota stradale di piazza calenda e perché posizionati talvolta lungo rampe urbane che consentivano in passato la discesa verso il mare e che sono ancora oggi intatte nel loro svolgimento tra le tante del centro storico tagliate invece dall’arbitraria cesura del rettifilo. L’invaso di piazza calenda si presenta come luogo di confluenza di tre assi viari via pietro coletta, via annunziata e via santa maria egiziaca che si dipana lambendolo tangenzialmente. Le dimensioni relativamente esigue dello spazio urbano così configurato non permettono la visione frontale delle quinte del complesso dell’egiziaca. Le quinte di piazza calenda e via coletta vedono la dominanza della facciata ovest dell’ospedale ascalesi e di edifici ottocenteschi in discreto stato di conservazione, tra i quali si distinguono, per l’impaginato didascalico ma ben conservato, quello che ospitava il teatro trianon viviani e quelli della stessa via colletta. Il tratto di via egiziaca ad est della piazza si snoda tra la quinta d'ingresso dell’ascalesi ed uno slargo urbano, episodio privilegiato del centro storico dominato da due fontane antiche, quella della scapigliata e quella del capone. Lo slargo è lambito da un tessuto edilizio fatto di bassi edifici e dalla quinta neoclassica dell’annunziata che si dispiega con una successione in altezza di articolate serliane. Condizioni diverse si configurano lungo gli altri assi stradali che afferiscono alla piazza, dove un’edilizia sette-ottocentesca caratterizzata già all'origine con articolazioni decorative di scarso rilievo si presenta oggi in pessimo stato di conservazione. Nella zona si concentrano inoltre le contraddizioni non risolte dal tentativo sociale ed urbanistico del risanamento che si manifestano negli edifici prospicienti piazza calenda e vico grande. L'area inoltre si contraddistingue per un evidente stato di degrado urbano: la presenza del sottoproletariato che a napoli assume una connotazione specifica fatta soprattutto di pratiche illegali, emerge, nello specifico, con un atteggiamento irrispettoso verso ciò che è spazio pubblico. Cartelloni pubblicitari, insegne luminose, transenne poste a protezione di arbitrari diritti, rifiuti che occupano cassonetti mai vuoti, sono connotazioni di uno spazio pubblico vissuto come estensione di quello privato.
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