Collalbrigo : un borgo nell'osteria
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A conegliano il restauro si fa volano del recupero urbano
Ci sembra proprio il caso di dire che... A conegliano nove mesi di silente e operoso lavoro hanno l'osteria a nuova vita restituita. Fuori dalla rima, qui, sul colle più ridente della marca trevigiana, gli aspetti immateriali come il s... Leggi di più
A conegliano il restauro si fa volano del recupero urbano
Ci sembra proprio il caso di dire che... A conegliano nove mesi di silente e operoso lavoro hanno l'osteria a nuova vita restituita. Fuori dalla rima, qui, sul colle più ridente della marca trevigiana, gli aspetti immateriali come il significato, la storia, la memoria collettiva hanno pesato non meno di quelli materiali, propri dell'opera di restauro e di recupero edilizio. Quel mix complesso e interdisciplinare del trasformare nel conservare è stato, nell'osteria di collalbrigo, amalgamato in salsa gourmet con due ingredienti indispensabili: il rispetto dell'esistente e le risorse materiali e immateriali disponibili. Parafrasando di nuovo l'arte culinaria, la prova paradigmatica da svolgere rimane da sempre, i grandi chef lo sanno bene, come cucinare con le uova a disposizione una buona frittata. Ovvero rintracciare e esaltare, con il progetto di restauro dell'edifico che ospita da sempre una storica osteria veneta, i valori identitari e tipologici di un territorio dove l'architettura è paesaggio agrario. Un intervento con modifiche strutturali mirate, sia sull'edificio originario (nuova sala con doppio volume e finestre di richiamo al piano di copertura) che nel resede dell'ex pallaio (nuova loggia per ombre all'aperto) in modo da far svolgere all'edificio, nella contemporaneità, una funzione commerciale declinata nella ristorazione e dotata di tutti i comfort e i requisiti normativi e tecnico funzionali per l'involucro, la bioclimatica, le strutture, l'acustica, l'illuminotecnica e gli impianti. Poi tutto è andato rapidamente avanti con soprintendenze, geni civili, istanze amministrative, gare e appalti con premiate imprese, ingegneri amici e trovati, divenuti fratelli nel viaggio; disegni digitali e fatti sui muri per velocizzare un' apertura fortemente da tutti voluta in tempi più mitteleuropei (uomini pensanti di karlsruhe, di brunico e di bressanone erano al nostro fianco) che italiani. Ma, detto ciò, la piena consapevolezza del risultato raggiunto ci è stata data da un sarcastico quanto illuminante commento della committenza che di fronte al montaggio della nuova struttura esterna in ferro ha sentenziato: "sembra proprio un reperto bellico". Ci sono balzati subito alla mente i pensieri, che in treno, venendo dalle nostre colline toscane, ci interrogavano su quale potesse essere stata la vita in quell'osteria su un colle al centro di un teatro di guerra che guardava a nord alle gallerie del san boldo, con la via di fuga austro ungarica e, a sud al piave mormorante e al montello. Ecco, in quei ricorrenti e intensi pensieri, forse evocati dalla scolarizzata adolescenza, è maturata (inconsciamente ?) una estetica della ruggine del tempo, patina corten della nostra piccola architettura, qui guidata e svelata dalla memoria di un nobile, sacro, territorio.
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